A sinistra, il regno delle nonne: barattoli ordinati con cura maniacale, etichette scritte a mano, pomodori conservati con amore, profumo di aglio e tradizione. Ogni vasetto racconta una stagione, una domenica passata a pelare, tagliare, bollire. Niente plastica, solo pazienza.
A destra, la cucina del presente: ordinata, luminosa, moderna. Scaffali pieni di packaging ecologico, scritte “BIO” ovunque, snack vegani al gusto di spirulina e cartone compostabile. Tutto più comodo, più veloce, più… certificato. Ma anche un po’ più impersonale.
Guardando queste due metà, ci si chiede: stiamo davvero facendo un salto in avanti? O stiamo solo cambiando modo di fare la stessa cosa, ma con meno sapore?
Una volta si conservava il cibo per necessità, oggi per estetica. Ma forse, tra una passata fatta in casa e una crema di ceci bio preconfezionata, c’è un punto d’incontro: riscoprire il valore del tempo, della stagionalità, della cura.
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Si stava meglio quando si stava peggio? Viaggio tra nostalgia, comfort moderni e vita lenta
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