C’era una volta l’autostop. Uno zaino grande, una giacca consumata e un pollice sollevato contro il vento e la sorte. Niente biglietti elettronici, niente assicurazioni “full optional”. Bastava un po’ di coraggio, un pizzico di incoscienza e una voglia enorme di scoprire il mondo — o almeno di allontanarsi dal proprio paese.
Oggi, invece, si viaggia con trolley a rotelle, powerbank carichi, app per ogni evenienza e una foto ben studiata da postare all’aeroporto con hashtag tipo #wanderlust. Il mondo è diventato più accessibile, più sicuro, certo… ma anche più controllato, più pianificato, più “Instagrammabile”.
Nell’immagine: a sinistra, il viaggiatore anni ’70 – capelli lunghi, zaino vissuto, polvere e libertà. A destra, la viaggiatrice contemporanea – occhiali da sole, valigia smart e sorriso perfetto da selfie. Non è uno scontro, ma uno specchio: due modi diversi di andare, di esplorare, di vivere il viaggio.
Forse oggi abbiamo più comfort, ma meno imprevisti. Più foto, ma meno storie. Eppure, in fondo, la sete di altrove è la stessa. Cambiano i mezzi, non il desiderio. Che si parta con un pollice o con un QR code, il bello è sempre quello: uscire dal noto, mettersi in cammino.
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Si stava meglio quando si stava peggio? Viaggio tra nostalgia, comfort moderni e vita lenta
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